16 March 2012

Imposte per lo sviluppo

Ma è proprio vero che le tasse producono un effetto recessivo? Sembrerebbe di sì visto che esiste una corrente di pensiero ampiamente condivisa che predica appunto questo assunto. In realtà vanno fatte alcune osservazioni. E' fuor di dubbio che il prelievo forzoso sul reddito del contribuente, qualunque ne sia la provenienza (investimento, patrimonio, profitto, rendita, risparmio, salario) genera un effetto spiazzamento poiché sottrae al mercato risorse che, altrimenti, potrebbero essere indirizzate al finanziamento del settore privato, dando fiato ad un sistema economico agonizzante. Non tutti, però, sono concordi nel sostenere la teoria secondo la quale ogni forma di imposizione fiscale ha effetti debilitanti sui coefficienti di crescita. Le motivazioni si insinuano nel semplice fatto che un'economia possa svilupparsi grazie all'intervento - congiunto o meno - sia del privato sia di quello pubblico e non solamente del primo. La diatriba ci dovrebbe, quindi, indurre a non formulare una risposta immediata al quesito iniziale, ma a porsene un altro: qual è la destinazione del gettito tributario? Infatti, è proprio da un'indagine approfondita sull'utilizzo delle entrate pubbliche che potrebbe emergere una considerazione differente da quella che, da sempre, caratterizza l'originaria filosofia. Se le risorse sottratte al mercato attraverso le imposte trovassero collocazione in investimenti pubblici produttivi devoti alle regole concorrenziali, allora lo stesso si configura come alternativo a quello privato (spiazzandolo o integrandolo). La duplice conseguenza sarà quella di accrescere la ricchezza collettiva in termini sia di maggiore occupazione, sia di ulteriori risorse da destinare al benessere sociale e non solo quella individuale dell'imprenditore e soci in affari. Se, al contrario, il gettito fosse impiegato per finanziare spese improduttive, come quelle per la politica, allora è condivisibile l'idea che attraverso la tassazione si rischia di deprimere l'economia, spingendola in recessione. In questa ipotesi, il gettito serve esclusivamente per arricchire gli eletti e la corte degli accoliti con effetti minimi o nulli sulla crescita economica e conseguente impoverimento della società. Non si può demonizzare il ruolo dello stato quando, per finanziare il suo mantenimento, allunga la mano per drenare risorse dai cittadini/imprese e cantarne le lodi quando, al contrario, la tende per erogare benefici di qualsiasi natura. In entrambi i casi, l'intervento pubblico ha un costo e, prima o poi, qualcuno dovrà farsene carico. Se non si accetta il principio del "dare per avere" da parte dell'erario, allora qualsiasi sistema economico è destinato a dover fare i conti con un impianto tributario funzionante a senso unico, con effetti distorsivi in termini di ridistribuzione della ricchezza perché imperniato, per definizione, su basi inique. Occorre usare il gettito per restituire risorse al sistema economico, in modo che, non trovando impieghi alternativi alla sottoscrizione del debito pubblico, possa orientarsi verso altre soluzioni idonee a dare maggiore impulso alla crescita.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Nuovo Picchio2/Febbraio 2012 con il titolo «Imposte, pro o contro lo sviluppo?»

No comments:

Post a Comment