18 September 2012

Goodbye Italy!

Che sensazione si prova quando si decide di lasciare il proprio Paese? Un interrogativo al quale è arduo fornire una risposta esaustiva o impulsiva. Infatti, ogni essere umano percepisce, nel proprio intimo, un sentimento differente da quello di un altro. Spesso, quando il pensiero si orienta in quella direzione, un brivido indescrivibile attraversa il corpo, in un mix di ansia ed eccitazione. Si matura lentamente la consapevolezza di abbandonare affetti, amicizie, esperienze e ricordi di una vita passata. Si lascia alle spalle un Paese allo sbando, depredato di tutte le sue ricchezze da una classe dirigente che, soprattutto negli anni più recenti, ha manifestato una completa incapacità di investire nel futuro collettivo, attratta (o volutamente distratta) da altri interessi più profittevoli. Chi oggi decide di partire dal Bel Paese lo fa con uno spirito meno avvolto dalla tristezza rispetto a qualche anno fa. L'inesorabile trascorrere del tempo ha consentito di maturare una convinzione: ovunque si rivolga lo sguardo non si dovrà lottare contro una burocrazia che soffoca la libera iniziativa e, soprattutto, la meritocrazia, con l'obiettivo di preservare all’infinito rendite di posizione. Dovunque si vada non occorrerà combattere contro meccanismi arruginiti che necessitano di lubrificante ogni volta che si desidera muovere gli ingranaggi. Chi oggi si volta indietro riesce a scorgere solo un sistema economico manovrato da cariatidi della politica e da lobbies che non hanno intenzione di comprendere che è giunta l'ora di farsi definitivamente da parte. Occorre depurare definitivamente quella società nella quale la loro presenza è solo di intralcio a coloro che, guardando avanti, riescono a scorgere ancora una flebile luce in fondo al tunnel. Peccato che, attualmente, mano a mano che l'uscita si avvicina, anziché ampliare la prospettiva di una visione migliore, rischia di oscurarsi sempre di più. Viene allora da chiedersi che senso abbia investire energie in un Paese che non ha la volontà di allargare l’orizzonte perché ciò che conta è il campanile di appartenenza o, peggio ancora, l’orticello di casa propria. Oltre l’Italia c’è un’immensa prateria di giovani che hanno fame di apprendere, di crescere, di migliorare e di osservare, sotto una differente angolazione, i benefici che derivano dalle diversità culturali, uscendo dalla quotidianità di un andazzo opportunistico. Oggi, se un giovane pensa ad un futuro in Italia ha difficoltà a riconoscersi in quel Bel Paese ricco di prospettive. Può solo tradurre correttamente in realtà l’incipit di una poesia di Pablo NERUDA: «Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce». Se questà è l’Italia che si sta costruendo per affrontare il futuro, allora siamo proprio nella giusta direzione indicata dal poeta sudamericano.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Nuovo Picchio9/Settembre 2012 con il titolo «Goodbye Italy, quando si deve lasciare il proprio paese»

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