22 November 2012

Chi teme la globalizzazione?

Il fenomeno della globalizzazione, come ha mirabilmente definito Sergio GREA («Dentro l’impresa del duemila», Franco Angeli, 1998), porta ad una apparente contraddizione: «Il mondo si è rimpicciolito ed i mercati si sono allargati». Tuttavia, è sufficiente guardarsi intorno per scoprire con assoluta meraviglia che, in realtà, non c’è alcuna inconciliabilità perché ogni scambio, soprattutto quello delle informazioni, richiede l’istantanea durata di un semplice click. Questa situazione non può certamente considerarsi un elemento negativo, poiché i mercati più lontani sono diventati accessibili a chiunque alla stregua di quelli ubicati dietro l’angolo. Ragionare in ottica feedforward e non più con accentuata miopia strategica consente di adeguare la propria abilità, capacità, competenza, conoscenza, esperienza e professionalità in tempo reale. In altri termini, ciò significa prosperare o, nella peggiore delle ipotesi, sopravvivere. Al contrario, non riuscire o non sforzarsi di capire quello che accade intorno, trascurandone volutamente i segnali, significa la fine o, comunque, la crisi. In alter parole, chi è in grado di pensare all’impensabile vince! Dove si colloca allora il problema? La questione non è incentrata su chi teme l'effetto della globalizzazione, ma chi, al contrario, non desidera in nessun caso confrontarsi con gli altri. Occorre liberararsi di quella classe dirigente arcaica ed obsoleta, che per paura di soccombere di fronte al progresso, impedisce alle idee in possesso dei talenti di manifestarsi liberamente. Oggi la globalizzazione dei mercati ha cambiato il mondo del lavoro. In un recente passato, le persone ritenevano normale (al pari di un diritto inviolabile) trascorrere l’intera vita lavorativa presso il medesimo datore di lavoro, spesso localizzato nelle vicinanze della propria residenza. E’ ormai un dato di fatto (che piaccia o meno) come il passare da un’Organizzazione ad un’altra consente all’individuo di arricchirsi di nuove esperienze, che gli consentono non solo di accrescere la propria professionalità, ma di potersi confrontare con diverse prospettive di carriera. La mobilità delle risorse umane non solo rappresenta la realtà, ma è diventata una vera e propria esigenza. Non è più ammissibile pensare di vivere sugli allori o sulle rendite di posizione, ma occorre considerarsi perennemente in viaggio verso nuove e migliori opportunità. Nulla vieta di manifestare la preferenza di trascorrere l’intero ciclo di vita lavorativa in un contesto asfittico, privo di cambiamenti, dove regna sovrano l’immobilismo assoluto, mettendo in preventivo la rassegnazione, ossia senza pretendere nulla di meglio di ciò che passa il convento. Il mondo gira sempre più veloce ed in futuro lo sarà ancora di più. Solo chi, con spirito camaleontico, saprà adattarsi ai nuovi scenari, cogliendo al volo il treno della prosperità, sarà in grado di garantirsi un posto privilegiato in prima fila e configurarsi come risorsa umana degna e meritevole di appartenere al contesto della forza lavoro occupata.
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Nuovo Picchio11/Novembre 2012 con il titolo «Chi teme la globalizzazione?»

13 November 2012

Controllo di Gestione: l'importanza di un sistema integrato di "information resource"

Il Controllo di Gestione negli Enti Locali non consiste in un insieme di attività a sé stanti, ma in una loro sequenza logica, interagendo a pieno titolo con tutti i processi sviluppati internamente. Il target che l’operato del controller si prefigge è quello di mettere in luce il livello di efficacia ed efficienza dell’attività amministrativa, al fine di individuare e, in un secondo momento, correggere od eliminare carenze di natura organizzativa. La finalità, per essere realizzata, necessita della costruzione e successiva elaborazione di una serie di report ad alto contenuto informativo, in modo da descrivere tutte le potenziali criticità gestionali, stimolando la ricerca di soluzioni condivise. Infatti, è grazie al reporting che tutti i dati sono raccolti e selezionati per renderli idonei a supportare il processo decisionale, affinché si possa tradurre in azioni che producono risultati. Il fattore economicità, pur essendo una componente importante di qualsiasi output, riveste un ruolo “secondario” all’interno dell’Ente Locale poiché, nella maggior parte dei casi, si tratta di attività no profit, impostate nel rispetto di scelte di opportunità politico/sociale. Il loro impatto in termini di costi/benefici, quindi, può essere valutato solo figurativamente, anziché nella volgare contrapposizione proventi/oneri o dal desueto confronto entrate/uscite. Per realizzare gli obiettivi, che sono l’ossigeno che tiene in vita il Controllo di Gestione, occorre attingere importanti informazioni sia dal sistema di contabilità esistente (finanziaria e/o economica), sia dallo sviluppo di indicatori definiti “sensibili”. Questi ultimi non devono assumere la forma di più o meno complesse relazioni matematiche dalla quali far scaturire risultati da interpretare. Possono anche consistere in documenti dalla cui combinazione contenutistica possono estrapolarsi considerazioni più o meno argomentate, utili per analizzare lo sviluppo di un fenomeno. In altre parole, si tratta di strumenti segnaletici che mettono a disposizione dell’analista importanti notizie sull’andamento della gestione, illustrando il percorso evolutivo di un avvenimento in termini di miglioramento/peggioramento rispetto al trend storico o prospettico. Emerge, quindi, con prepotenza la necessità di assegnare un ruolo fondamentale all’information resource, spesso assente negli Enti Locali, ma necessaria per una più corretta interpretazione dei dati scaturiti dalle continue operazioni di monitoring sulle attività. Occorre attivarsi per consentire che l’informazione alimenti costantemente il meccanismo decisionale, fornendo elementi utili a ridurre al minimo gli errori, ma anche il loro perpetuo ripetersi. E’ opportuna una raccolta di tutti i dati attinenti le operazioni sviluppate nell’Organizzazione per tradurli, attraverso appropriate elaborazioni, in risorsa informativa, la cui illustrazione sintetica o dettagliata (nei casi più complessi) è messa in luce nei report. Bisogna prendere atto che l’informazione, alla stregua di qualsiasi prodotto finito, non si trova allo stato grezzo in natura, ma è il frutto di un processo di elaborazione (assimilabile a quello tecnico di trasformazione) attraverso il quale il dato (che costituisce la materia prima) è convertito in informazione e, quindi, in conoscenza (che rappresenta il prodotto finito).
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Semplice9/Settembre 2012 con il titolo «Controllo di Gestione: l'importanza di un sistema integrato di "information resource

7 November 2012

Over the economy

Today, a new adventure begins. As the title says, this experience wants to take the reader over the economy. It is an hard work, which wants to involve people inside the theories and, meanwhile, invite persons to develop a personal opinion about the topic. In fact, we are not going to talk only about economy. We are going to study other social problems. Nowadays, these questions are influencing the economic situation of a country and both the Institutions and the Citizens, too. As all social sciences, the economy elaborates thoughts and realizes models, with which affect the individual behaviour. Because of this it is possible to verify whether the theory is right or if the effects are different. This is the main question of the economy. At the same time, this is the winning hand of a science which always has to discuss about inputs and also their mix in an unstable contexts where the variables change everyday than in the past. So, a border drawn by an economic model, today it should be revised because the lifestyle is changed and it is not always predictable and reasonable. This situation shows that a magic formula does not exist to solve all problems. As Gianfranco FINI wrote in his book called "L'Italia che vorrei", the economic crisis is a real example and «everybody, including most important economists, have to work hard, revising rules and key points that, until yesterday, looked like right». About fifty years ago, Paul VALERY said: «The trouble of our times is that the future is not as in the past». For the reasons above mentioned, the challenge wants a better future than the past. All the mistakes can help us to prevent them and understanding the others way of thinking. Otherwise, we have to accept to take the risk of precluding the possibility of a cultural growth, respecting the Rabindranath TAGORE's thought: «If you close the door to all errors, even the truth will stay out».
AuthorEmanuele COSTA
Published byIl Nuovo Picchio n° 3/Dicembre 2011 with the title «Oltre l'economia»