14 December 2012

Gestione dell'acqua: questione di "liquidità"?

E’ inutile nascondere che, in un’economia di mercato, il profitto segnala all’impresa la capacità di sopravvivenza nella giungla concorrenziale. Una risorsa generata dalla gestione che attesta il successo di una formula imprenditoriale e manifesta la remunerazione del capitale investito in una specifica attività. Ciò che, però, lascia ancora qualche margine di perplessità è quella situazione in cui il Comune rinuncia ad amministrare direttamente beni/servizi, come la risorsa idrica, per cedere al privato anche l’opportunità di conseguire ulteriori benefici dal rialzo dei prezzi di vendita. Anziché governare in proprio l’incremento tariffario, destinando i maggiori introiti al miglioramento di servizi essenziali senza chiedere nuovi sacrifici ai Cittadini o riducendo la pressione fiscale, si preferisce eliminare dalla filiera quelle attività non istituzionali dalle quali, miracolosamente, solo il privato sembra avere le capacità di creare ricchezza. La risposta al dilemma è banale: con la cessione al mercato degli acquedotti pubblici si voleva perseguire l’obiettivo di salvaguardare l’erogazione del servizio, rendendolo, al tempo stesso, più efficace ed efficiente, con la conseguente finalità di abbattere i costi operativi ed, in ultima analisi, l’onere a carico del Contribuente. Peccato che, di fronte ad un proposito così lodevole, oggi i Cittadini si chiedono cosa non abbia funzionato. In altre parole: siamo sicuri che il privato ha saputo sostituirsi al soggetto pubblico, migliorando la gestione del servizio idrico e, a posteriori, la soddisfazione del cliente? Ciò che in passato era assicurato da una gestione burocratica, inefficace, inefficiente, poco orientata al cliente, ma a buon mercato, oggi è garantita da altri soggetti, con la triste e unica conseguenza che l’elemento discriminante tra le due gestioni (pubblica e privata) è rappresentato dal prezzo pagato ogni volta che si apre il rubinetto dell’acqua. L’interrogativo che rimane ancora senza risposta è che, probabilmente, gli aumenti tariffari siano serviti, prima, per assicurare un immediato rientro al capitale impiegato e, poi, per finanziare altre forme di investimento. In aggiunta a ciò, spesso si dimentica che la politica di outsourcing dei servizi pubblici pesa in doppia misura sulle tasche dei Cittadini: attraverso aumenti di prezzo, decisi dal privato, e maggiori imposte per coprire i costi dei servizi istituzionali, deliberati dal pubblico. Il Cittadino può però stare tranquillo: la gestione dell’acquedotto è rimasta una fonte di liquidità!
Autore: Emanuele COSTA
Pubblicato su: Il Secolo XIX del 13 settembre 2008 con il titolo «Gestione dell'acqua: questione di "liquidità"?»

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