11 May 2013

Verso un nuovo conflitto?

Quando nel lontano 1989 il mondo ha assistito in diretta televisiva alla caduta del muro di Berlino, in molti hanno tirato un respiro di sollievo. Quelle immagini avevano sancito la fine della cosiddetta "Guerra Fredda" fra l'Occidente ed il blocco dei paesi dell'Europa dell'est. Una divisione nata sulle ceneri della Seconda Guerra mondiale per sancire due modelli economico/politici antitetici. Il primo devoto all'economia di mercato, che in quasi mezzo secolo ha saputo garantire un certo livello di benessere tra la popolazione. Il secondo ispirato alla collettivizzazione dei mezzi di produzione che, per contro, non è stato capace di dimostrare di essere meglio dell'altro, creando malessere tra i Cittadini. Dal crollo dell'economia socialista, il mondo occidentale, insieme ai paesi del blocco sovietico avrebbero potuto costruire un’area comune destinata al benessere perpetuo. Ciò non è avvenuto. La fine di un problema ha coinciso con l'inizio di una catastrofe. Il castello di carte edificato su un terreno di argilla ha iniziato a sbriciolarsi sotto il peso di uno stile di vita che artificialmente era stato sponsorizzato dai debiti. In altre parole, una "democrazia drogata" è stata propagandata per decenni non per realizzarla compiutamente, ma per voler dimostrare che la ragione si collocava al di qua della cortina di ferro. Un inganno perpetuato nel tempo, nella speranza che presto si sarebbe potuto perseguire un secondo fine. L'attesa è stata premiata e la dissoluzione del socialismo reale ne ha svelato il suo lato peggiore, contribuendo a far sciogliere la maschera del sistema capitalistico, mettendone lentamente in evidenza, con una prepotenza inaudita, il suo lato oscuro. Il sogno di un'Europa Unita sotto un unico ombrello e senza più divisioni si poteva, e così è stato, realizzare. Tuttavia, l'unione non ha fatto la forza, ma ha avuto l'energia necessaria per fare emergere le debolezze di un impianto egoistico mirato ad egemonizzare, in forma pacifica, la politica degli interessi di pochi a scapito di quelli di molti. Con questo ritmo, iniziano ad avvertirsi spinte di dissoluzione, il malessere della ricchezza accumulata si estende a macchia d'olio perché la "democrazia drogata" non è riuscita nell'intento di assuefare il popolo. Dopo aver brindato al successo, la sbornia di vivere in un'Europa dei diritti sta passando. Bisogna prima di tutto assolvere ai doveri, mettere mano ai disastri provocati da comportamenti irresponsabili che hanno manovrato il sistema economico verso una direzione che si sta rivelando fallimentare. Per far osservare i doveri occorre abolire i diritti (così come ha iniziato a fare uno Stato dell'Unione Europea) per poi chiudersi a riccio in un sistema economico autarchico che sarà destinato ad esplodere quando, in preda ad un attacco di claustrofobia, non riuscirà più a trovare una via d'uscita. Se l'Unione Europea non riprenderà la sua originaria missione, il rischio sarà quello di disintegrarla in tanti regimi autarchici fino a quando una reazione a catena scatenerà un nuovo conflitto.
AutoreEmanuele COSTA
Pubblicato suIl Nuovo Picchio n° 04/Aprile 2013 con il titolo «Verso un nuovo conflitto?»

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