5 January 2014

Promesse al vento

«Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione». Quante volte abbiamo ascoltato questo ritornello cantilenante? Difficile dirlo con esattezza. Eppure, in prima approssimazione, sarebbe sufficiente una semplice operazione aritmetica: moltiplicare il numero dei Governi che, dal dopoguerra ad oggi, si sono avvicendati per il numero dei Ministri che sono stati nominati. Ma quanto di vero e rispettoso per le Istituzioni si può rintracciare in quella formula magica recitata all’inizio di ogni legislatura, in occasione di eventuali rimpasti o formazione di nuove maggioranze? Anche in questa circostanza è abbastanza arduo tentare di fornire una risposta precisa. Con un distinguo, però, rispetto al medesimo interrogativo posto all’inizio di questa breve riflessione. Nel primo caso, infatti, il numero ricercato tende ad un ipotetico “infinito”, per sottolineare che si tratta, comunque, di una cifra elevata. Nel secondo caso, al contrario, il numero da decifrare tende ad un intorno ravvicinato di “zero”, per rendere l’idea che appaiono rare le volte in cui la formula adoperata è rispettata alla lettera. Come leggere o interpretare il significato di un giuramento di tale tenore alla luce di vicende che, nel corso degli anni, si sono via via succedute? Come attribuire validità e veridicità ad una recita nelle mani del Presidente della Repubblica? Come valutare ogni successiva critica da parte dei Ministri al delicato, quanto prezioso, lavoro dei Magistrati ed al contenuto delle Sentenze? Come decodificare ogni proposta di legge, che spesso porta orgogliosamente il nome dei Ministri proponenti, di fronte ad una successiva dichiarazione di incostituzionalità pronunciata dalla “Consulta”? Tutti interrogativi legittimi, destinati ad un serio approfondimento per non rimanere senza risposta. Eppure, una soluzione la si potrebbe facilmente individuare nell’adottare un comportamento votato al rispetto di quelle Istituzioni nei confronti delle quali si è proprio giurato fedeltà all’inizio di un mandato governativo: decadenza automatica dalla carica, senza alcuna possibilità di appellarsi al Parlamento per un voto di convalida. Questa soluzione potrebbe rappresentare un meccanismo molto semplice per conferire un valore più elevato alla pratica del giuramento e garantire l’assunzione di senso di responsabilità nell’esercizio del proprio mandato. In caso contrario, quella formula potrebbe tradursi in un rito inutile che va a rafforzare l’idea, ormai diffusa, che in Italia tutto si fa per poi non essere rispettato, alla stregua di una promessa non mantenuta che, nel caso di un giuramento, trova la sua essenza vitale.
AutoreEmanuele COSTA
Pubblicato suIl Nuovo Picchio n° 1o-11/Ottobre-Novembre 2013 con il titolo «Giuramento di fedeltà alla Repubblica, promesse al vento»

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