15 March 2014

Io so ... quindi, non sarò!

«Io so. (... omissis ...). Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari (... omissis ...), che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero» (Il Corriere della Sera, 1974). Così scriveva Pier Paolo PASOLINI sul principale quotidiano italiano nel lontano 1974. E lo faceva in una data particolare, quasi premonitrice dei fatti e delle circostanze attuali. E' sufficiente saper leggere ed interpretare i numeri, adattandoli ad una verità nascosta che, nell'anno in corso, potrebbe avere la capacità di svelare più di uno di quei misteri che PASOLINI aveva lasciato intendere di conoscere, ma di cui non era in possesso delle prove necessarie per rivelarlo apertamente. Ricorre, infatti, quest'anno il quarantesimo anniversario della sua pubblicazione, quasi a rappresentare un monito a quella generazione di quarantenni che oggi pretende (a ragione o a torto sarà la storia ad dimostrarlo ai posteri) di voler prendere in mano le redini di un Paese allo sbando, per domarlo e riportarlo sulla retta via. La presenza di un'incognita, però, non sempre è un indicatore sufficiente a segnalare l'esistenza di una soluzione. Nella maggior parte dei casi costituisce un valore da ricavare, utile per poterlo assegnare ad un parametro, che, a sua volta, si configura come la chiave di apertura di un complesso sistema di equazioni il cui risultato potrà essere indeterminato. Se poi si è in presenza di un cosiddetto "conflitto di interesse", ossia quando sussistono diverse unità che perseguono obiettivi contrastanti, allora qualunque sia l'intreccio proposto, l'unica certezza per i Cittadini è rappresentata dall'impossibilità di trovare una condivisione d'intenti che vada nella direzione di garantire e sostenere il loro benessere sociale. In politica, però, certe verità non si possono dire: potrebbero risultare controproducenti perché farebbero perdere voti e consenso. Meglio comportarsi da illusionisti e far sognare i propri elettori o fargli credere che si agirà in un modo. Questo consentirà di rendere meno dolorosa la menzogna e si potrà agire, a loro insaputa, in direzione opposta. Le idee possono essere diverse, così come i colori sono variopinti. L'esperienza lo dovrebbe aver insegnato, si spera. Per dirla con le parole di Alan FRIEDMAN, «la verità è che viviamo in una società che senza un ritorno alla crescita e una ripresa dell'occupazione rischia di essere risucchiata senza via d'uscita da un autentico incubo, in cui il nostro impoverimento e declino si spostano con una resistenza culturale al cambiamento, con il rifiuto di qualsiasi vera modernizzazione. E la disperazione rischia di degenerare fino a minare la famosa coesione sociale del Bel Paese» ("Ammazziamo il Gattopardo", Rizzoli, 2014). Un grido di allarme privo di mezzi termini, lanciato senza quei giri di parola che spesso sono utilizzati per esprimere le ragioni di una scelta nella speranza di poter incantare il Cittadino sul fatto che il vento si appresta a cambiare. Peccato, però, che l'aria che tira è rimasta la stessa. Ma era così necessario scomodare il giornalista americano per mettere di fronte il popolo a prospettive di questo tenore? Non necessariamente. Si sarebbe potuto far tesoro del monito lanciato da Enrico BERLINGUER nel 1976: «Non c'è risanamento duraturo se non si rinnova, non c'è salvezza sicura se non si cambia; dunque non si tratta solo di evitare il tracollo economico e finanziario, ma anche di avviare lo sviluppo del paese su nuove basi e per fini diversi da quelli del passato». Ma era un'altra epoca. Lo stesso periodo storico che aveva spinto Pier Paolo PASOLINI a mettere in guardia i Cittadini verso un ipotetico burattinaio di turno, abile domatore di delfini e manovratore di marionette nonché proverbiale tessitore di trame nel tirare le fila. Un "Mangiafuoco" della politica per fornire al pubblico una sua rappresentazione fisica, traendo spunto dal più famoso personaggio immaginario raccontato da Carlo COLLODI ne "Le avventure di Pinocchio". Ecco, quindi, che il cerchio sembra magicamente chiudersi. La ricerca della verità è l'anello di congiunzione di tutte le fantasticherie che nel gossip trovano terreno fertile. Per queste motivazioni, il dibattito che puntualmente anima il teatrino della politica (per rimanere in un contesto fiabesco) ed, in particolar modo, quello che fa da anteprima ad una consultazione elettorale, richiama alla memoria un classico di Akira KUROSAWA: "Rashōmon". Un cortometraggio che mette in evidenza le mille sfaccettature della verità. Sulla falsa riga di questa saga cinematografica gli attori (siano essi recitanti sul palcoscenico nazionale o nel cortile di un paesino) non sono in fondo così diversi tra di loro. Essi non osano mettere in discussione gli eventuali "misfatti" compiuti nel passato. Tutti, come d'incanto, sembrano vergini desiderose di mettere mano allo scenario che si è configurato per voler dimostrare, ad un pubblico voyeurista di quali performance acrobatiche sono, sulla carta, capaci. Invece di tappezzare le strade cittadine con i più disparati e variopinti manifesti o riempire le cronache locali con fotografie nelle pose più affascinanti ed attraenti, sarebbe più proficuo che chiunque pensi, in cuor suo, di avere in tasca la soluzione per risolvere i problemi, illustri ufficialmente al Cittadino il cosiddetto "Programma di Mandato", senza dimenticarsi, nel presentare la propria squadra ai futuri elettori, di affermare a gran voce, parafrasando Pogo (personaggio dei cartoon ideato da Walt KELLY): "Abbiamo incontrato il nemico, e siamo noi!".
AutoreEmanuele COSTA
Pubblicato suwww.tigulliana.org (nella Rubrica "Diritto di Parola") del 15 marzo 2014 con il titolo «Io so ... quindi, non sarò!»

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