22 July 2014

Il Sistema dei Controlli Interni negli Enti Locali: il ruolo del Controllo di Gestione

In un contesto caratterizzato da continui e repentini cambiamenti, la Pubblica Amministrazione assume un ruolo di primo piano nel governo delle molteplici variabili in gioco. Da sempre considerata una “palla al piede” all’interno del sistema economico, oggi, sulla spinta indotta da una crisi economica che sembra andare nella direzione opposta a quella della via di uscita, può finalmente liberarsi da questo appellativo ed “inserire al quarta” oppure, come più volte affermato dall’ex Ministro Renato BRUNETTA, “togliere il freno a mano” per diventare il motore trainante dell’intero sviluppo economico del Paese. Una volta consapevole dell’importanza del ruolo, la Pubblica Amministrazione deve innovare profondamente la propria modalità di gestire la res publica, introducendo nuovi e più moderni sistemi per il governo dei cambiamenti organizzativi interni ed il controllo della gestione. In primo luogo, è importante precisare che il controllo della gestione è cosa ben diversa dal controllo sulla gestione. Infatti, quest’ultimo non è esterno, essendo affidato dalla norma (articolo 148 del Decreto Legislativo n° 267/2000) alla Corte dei Conti, ma si caratterizza, anche per essere successivo rispetto all’attivazione dei processi gestionali. In aggiunta, oggi, una sorta di controllo esterno è anche quello affidato ai diversi attori che popolano il territorio di riferimento di un Ente Locale, i quali sono sempre più attenti alle modalità di gestione delle risorse pubbliche ed agli impatti che l’adozione di politiche pubbliche producono nel tessuto economico/sociale governato. In secondo luogo, quando si fa riferimento ad una attività di controllo della gestione, la mente richiama un significato prevalentemente di natura “punitiva”, facendo presagire scenari di applicazione che non trovano fondamento nell’ampia letteratura sul tema. A partire dai primi Anni Novanta, con la Legge n° 142/1990 cui ha fatto seguito, quasi contemporaneamente, la Legge n° 241/1990, l’orientamento del legislatore è stato quello di inserire all’interno della Pubblica Amministrazione tecniche e modelli di gestione di derivazione privatistica. La finalità dell’indicazione fornita dalla norma era quella di dare attuazione ad alcuni principi, il cui punto di partenza (o il perno intorno al quale ruota tutto il Sistema Pubblica Amministrazione) è rappresentato dall’articolo 97 della Carta Costituzionale, che riassume nel “buon andamento” ed “imparzialità” il significato cui deve ispirarsi qualsiasi politica pubblica, nonché ogni modello di gestione interna delle risorse a disposizione, nella loro più ampia interpretazione: finanziarie, tecnologiche, temporali, strumentali e umaneIl Controllo di Gestione è uno dei più potenti (anche se sono in molti a sottovalutarne la portata) strumenti di gestione perché non solo è strettamente collegato, a monte e a valle, con altri documenti di pianificazione (strategica ed operativa), ma, soprattutto, perché rappresenta una vera e propria guida a disposizione dell’Ente Locale per misurare i risultati delle politiche pubbliche prodotte e contribuire all’intero processo di miglioramento di tutta la gestione dell’Organizzazione. Se la Legge n° 142/1990 non faceva esplicito riferimento al Controllo di gestione come attività interna, tuttavia ne sottolineava l’importanza di rilevare i risultati della gestione mediante contabilità economica. Si sono dovuti attendere cinque anni per riconoscere giuridicamente il Controllo di Gestione (avvenuto con il Decreto Legislativo n° 77/1995) come strumento necessario per verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa. La norma stessa (articolo 147 del Decreto Legislativo n° 267/2000) riconosce, parlando di “verificare”, quella funzione guida con la quale il Controllo di Gestione accompagna l’intero processo amministrativo/gestionale verso il perseguimento di quegli obiettivi intorno ai quali deve essere costruita l’intera attività della Pubblica Amministrazione. Obiettivi che non devono trovare nelle tre “E” (Efficacia, Efficienza, Economicità) gli unici parametri di riferimento tali da consentire automaticamente il rispetto degli altri principi, ma anche nella razionalità delle decisioni di vertice il punto di partenza di tutto l’orientamento della politica pubblica. Solo unendo questi fattori la Pubblica Amministrazione potrà garantire, all’interno quanto all’esterno, quel controllo della sua azione lungo i binari disegnati dal Controllo di Gestione. Si è accennato sopra che il Controllo di Gestione ha un ruolo centrale all’interno di un Ente Locale in quanto cerniera di congiunzione tra altri strumenti di pianificazione/programmazione strategica ed operativa. Un’analisi più completa di questa visione può operarsi solo prendendo in esame un Ente di grandi dimensioni, in quanto la dimensione demografica ne obbliga per legge l’adozione di strumenti che, nelle realtà minori, restano solo facoltativi. Partendo da questi presupposti, è importante chiarire che l’attività di controllo può esistere solo se a monte c’è un’attività di programmazioneTralasciando la diatriba, più volte sollevata, sulla differenza tra pianificazione e programmazione, differenza che riguarda l’orizzonte temporale cui si riferiscono le previsioni, a monte del Controllo di Gestione si trova la seguente documentazione:
  1. programma elettorale, elaborato dal candidato a Primo Cittadino in sede di competizione elettorale;
  2. programma di mandato, che traduce in obiettivi (macro) le indicazioni formulate nel documento presentato agli elettori;
  3. linee programmatiche, che sono presentate in Consiglio Comunale dal Sindaco e che traducono in azioni e progetti il contenuto del programma di mandato;
  4. relazione previsionale e programmatica, con la quale si dà attuazione alle linee programmatiche attraverso la definizione di programmi, progetti e azioni strategiche da realizzare, accompagnata da una motivazione delle scelte;
  5. bilancio pluriennale, il cui contenuto autorizzatorio (in termini finanziari) si estende ad un orizzonte temporale pari a tre anni (lo stesso della relazione previsionale e programmatica);
  6. bilancio annuale, il cui raggio di azione è limitato ad un anno;
  7. piano esecutivo di gestione (da alcuni chiamato anche bilancio operativo), attraverso il quale l’Organo Esecutivo affida gli obiettivi ai Dirigenti/Responsabili di Servizio, unitamente alle risorse necessarie per il loro conseguimento;
  8. piano dettagliato degli obiettivi, predisposto dal Direttore Generale, con il quale tutta l’attività dell’Ente viene coinvolta nella realizzazione degli obiettivi gestionali.
In alcuni Enti (prevalentemente di grandi dimensioni) è anche predisposto un piano strategico di sviluppo, che abbraccia un periodo temporale che va oltre la durata del mandato del Sindaco e che coinvolge tutti gli attori economico/sociali del territorio governato nella definizione di interventi strategici, analizzandone anche la loro sostenibilità non solo economico/finanziaria, ma anche ambientale. Nel passaggio da relazione previsionale e programmatica a piano esecutivo di gestione, per finire con il piano dettagliato degli obiettivi, si attua progressivamente quella disaggregazione degli obiettivi strategici in obiettivi operativi, rafforzando quel principio di “separazione dei poteri” (sancito originariamente dall’articolo 3 del Decreto Legislativo 29/1993), che vede i primi rientranti nella funzione di indirizzo del vertice politico/amministrativo ed i secondi (declinati con maggiore dettaglio rispetto ai primi) affidati agli organi di gestioneNella letteratura che interessa l’azienda privata, il ciclo di pianificazione e programmazione si chiude con l’attività di controllo, mentre la dottrina pubblica aggiunge anche lo step della valutazione. In quest’ottica, infatti, è più visibile il ruolo centrale del Controllo di Gestione, che assorbe informazioni dalla pianificazione/programmazione, per rilasciarle sotto forma di analisi sulle attività sviluppate, che sono propedeutiche alla successiva fase di valutazione. Anche in questa sede è necessario operare una precisazione sui tempi rispetto alle azioni con i quali è esplicitata la attività di controllo. Si parla, quindi, di:
  1. controllo preventivo, quando è effettuato prima che una determinata attività sia posta in essere. E’ una procedura sviluppata in ottica feedforward al fine di verificare in anticipo le eventuali criticità nascenti e conseguenti l’adozione di una decisione, consentendo l’individuazione di soluzioni alternative;
  2. controllo concomitante, da alcuni definito anche monitoring, con il quale la gestione è osservata con cadenza periodica per verificare il percorso di avvicinamento agli obiettivi finali, adottando gli opportuni accorgimenti per riassorbire eventuali scostamenti registrati sulla tabella di marcia (meglio se evidenziati da un diagramma di GANTT) oppure, nei casi più estremi, spostare il bersaglio qualora l’obiettivo originario non sia più realizzabile;
  3. controllo successivo, operato al termine del periodo amministrativo per mettere in evidenza gli scostamenti tra quanto programmato ex ante e quanto realizzato ex post. L’analisi degli scostamenti, in quanto strumento di cui si avvale il controllo di gestione, consente l’attivazione del feedback attraverso l’adozione di tutti quei meccanismi di correzione affinché in futuro le cause che li hanno prodotti non si verifichino più. Si tratta di un’attività che richiama la Teoria dei Rinforzi e che agisce sui comportamenti organizzativi messi in pratica dai soggetti impegnati in prima persona nel perseguimento degli obiettivi.
Un ulteriore strumento di cui si avvale il Controllo di Gestione è costituito dai report (o dall’attività di reporting) usati in sede di controllo concomitante (e successivo), attraverso i quali periodicamente si verifica lo stato di avanzamento degli obiettivi (spesso, per evitare la proliferazione di report, si opera per eccezione). Tra gli altri strumenti a disposizione del Controllo di Gestione si ricordano:
  1. la contabilità finanziaria, economica, analitica, utili per fornire preziose informazioni su particolari aspetti della gestione;
  2. i centri di costo per la corretta imputazione dei costi alle Unità Organizzative responsabili del loro sostenimento (nelle realtà più evolute, al fine di ridurre la soggettività connessa al driver preso in considerazione per il ribaltamento dei costi indiretti, si procede attraverso l’Activity Based Cost);
  3. gli indicatori, che sono strumenti segnaletici capaci di mettere in evidenza il grado di raggiungimento degli obiettivi e facilitare la successiva attività di valutazione dei risultati. Gli indicatori possono essere:
    a) di attività, quando consistono in valori assoluti e costituiscono la materia prima per la costruzione di altri rapporti;
   b) finanziari, quando prendono in considerazione parametri finanziari (ad esempio: entrate/entrate, entrate/spese o spese/spese) appartenenti alla stessa sezione del bilancio o a sezioni diverse;
  c) di efficienza (o produttività), quando prendono in considerazione le risorse utilizzate (input) con i risultati ottenuti (output). Sono di due tipi:



Input
Indice di efficienza
(o di costo)
=
----------------


Output



Output
Indice di produttività
=
----------------


Input

Gli indici di efficienza, a loro volta, possono essere di due tipologie:



Costo totale
Indice di efficienza totale
=
-------------------


Output



Costo di un fattore produttivo
Indice di efficienza gestionale
=
------------------------------------------


Output
    d) di efficacia, quando prendono in considerazione gli obiettivi in relazione ai risultati prodotti (output) o ai bisogni soddisfatti (outcome). Si distingue, quindi, tra:


Obiettivo
Indice di efficacia gestionale
=
----------------


Output



Obiettivo
Indice di efficacia sociale
=
----------------


Outcome

Qualche cenno, infine, merita la corretta collocazione dell’Ufficio deputato al Controllo di Gestione all’interno della Struttura Organizzativa. Negli Enti Locali di piccole dimensioni generalmente è collocato all’interno dei Servizi Finanziari, con la criticità rappresentata dal fatto che l’attività di Controllo di Gestione interessa anche quella posta in essere dai Servizi Finanziari. Negli Enti Locali di grandi dimensioni l’Ufficio che si occupa di Controllo di Gestione è, in genere, ubicato alle dipendenze del Direttore Generale o, comunque, in staff al vertice politico/amministrativo. Il Controllo di Gestione è articolato, a norma di legge, in tre fasi e riguarda tutta l’attività dell’Ente:
  1. predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi, che mette così in evidenza quel ruolo guida dell’attività amministrativa;
  2. rilevazione dei dati e dei risultati raggiunti, utili ad attivare quel processo di valutazione della performance alla quale la cosiddetta “riforma BRUNETTA” (tracciata dal Decreto Legislativo n° 150/2009) ha messo l’accento per rendere ancora più efficiente la macchina burocratica e facendo acquisire alla Pubblica Amministrazione quel ruolo che le compete nel contesto economico/sociale improntato a trasparenza, dalla quale discende la nota “accountability”, ossia il rendere conto del prodotto delle politiche pubbliche;
  3. valutazione dei dati (risultati) rispetto agli obiettivi, per verificare non solo lo stato di attuazione, ma anche misurarne efficacia, efficienza ed economicità.

L’attività del Controllo di Gestione è propedeutica alla valutazione dell’intera Organizzazione, non solo della classe dirigente, ma di tutti i dipendenti. La funzione di guida nei confronti sia dell’azione amministrativa, sia di tutto il processo decisionale che la presiede e di cui il Controllo di Gestione fornisce un adeguato supporto, assume un’importanza strategica per quelle Amministrazioni che vogliono impostare la loro attività nel rispetto di quei principi di buon andamento e imparzialità (cui ruotano intorno quelli di efficacia, efficienza, economicità, pubblicità e trasparenza) per far sì che ogni politica pubblica adottata vada esclusivamente a favore della Comunità di riferimento, realizzando in pieno quell’accountability (interna ed esterna) che non significa solo rendere conto di ciò che è stato fatto e come lo si è realizzato, ma soprattutto acquisire consapevolezza delle proprie azioni, ossia rendersi conto.
AutoreEmanuele COSTA
Pubblicato suSemplice n° 1/Gennaio 2014 con il titolo «Il Sistema dei Controlli interni negli Enti Locali: il ruolo del Controllo di Gestione»

16 July 2014

La paura ha fatto "Ottanta"

Che la matematica non sia un’opinione è cosa risaputa e scientificamente provata, ma quando ad un numero si tende ad associare il verificarsi di uno specifico evento, allora i pareri non sempre concordano sul medesimo risultato raggiunto. In questa circostanza, si apre solitamente una accesa discussione tra i sostenitori di una teoria e coloro che, per motivazioni dettate dall’appartenenza ad una corrente di pensiero diversa, si riconoscono in quella opposta. Chi abbia ragione è, nella maggior parte dei casi, difficile da dire. Si lascia sempre la conclusione del proprio ragionamento a posteriori, in modo che opportunamente non possa essere smentito dai fatti. Affidarsi ad una credenza popolare può sicuramente rappresentare una rapida via d’uscita di fronte ad un dilemma, anche se non sempre la ragione del più forte è quella che proverbialmente si riconosce essere la migliore. Infatti, occorre sempre verificare non solo la solidità delle fondamenta, ma anche gli equilibri sui quali si regge l’impalcatura di quella che si ritiene essere il cosiddetto punto di forza. Chi è diffidente di fronte alla realtà e molto diplomaticamente non intende prendere posizione, può certamente nascondersi dietro al celebre detto che la verità, in fondo, si colloca sempre nel mezzo. Tuttavia, questa comoda scappatoia cela sempre una componente di opportunismo e, alla resa dei conti, non fornisce alcun contributo capace di districare la discussione in atto. Leggendo, però, i risultati dell’ultima tornata elettorale emerge, senza alcun dubbio, che la paura ha fatto “ottanta”, in barba a tutte le più rosee previsioni che, nel gioco del lotto, trovano spesso conferma. Il dato, però, che si colloca a sostegno delle credenze popolari è che la verità si è andata a collocare proprio nel mezzo, riconoscendosi in quel 40% di preferenze accordate all’ideatore e promotore della gratifica in busta paga. La matematica, si è detto all'inizio, non è un'opinione, ma i numeri necessitano di essere interpretati, lasciando al lettore la più ampia e libera valutazione sul loro effettivo significato. Un elemento di certezza, per contro, lo si può riscontrare ovunque, supportato dalle recenti notizie provenienti dalla gestione degli appalti e, conseguentemente, delle risorse pubbliche. La sopportazione delle persone oneste nel Bel Paese ha raggiunto il limite, se non è, addirittura, andata oltre. Per ora hanno preferito esprimere una preferenza per garantire una certa stabilità al sistema. Non è detto che faranno altrettanto nel prossimo futuro. E' sempre più necessario liberare la piazza da certi personaggi che albergano nel mondo della politica, altrimenti gli italiani faranno vedere loro le stelle. E non saranno solo cinque!
AutoreEmanuele COSTA
Pubblicato suIl Nuovo Picchio n° 06-07/Giugno-Luglio 2014 con il titolo «La paura ha fatto "Ottanta"»