8 April 2015

Disoccupazione giovanile? Ci risiamo ...

Come volevasi dimostrare! Con queste tre parole, ai tempi delle scuole superiori, si usava concludere quei problemi di geometria che si proponevano di dimostrare, in modo scientifico, ciò che a prima vista sembrava "ovvio". Invece, di "ovvio" non c'era proprio niente! Se si voleva argomentare in merito alla validità di una ben determinata affermazione, era necessario accompagnarla da una minuziosa e dettagliata dimostrazione della tesi sostenuta, partendo dalle poche ipotesi di cui si disponeva. Una volta, poi, riusciti nell'ardua impresa, spesso dopo giorni di tentativi assurdi, ci si rendeva conto che, effettivamente, la realtà non albergava nella "ovvietà", altrimenti chiunque avrebbe potuto, nel corso della sua vita, lanciarsi nella propaganda di postulati, ossia di proprietà che non necessitano di alcuna dimostrazione, in quanto ritenute vere "per definizione". Oggi, la politica ci ha abituato a sopportare slogan ad effetto, capaci di convincere anche il più testardo Cittadino, tralasciando ipotesi che, spesso, rendono quell'annuncio privo di qualsiasi sostenibilità futura, generando così risultati che si dirigono, tristemente, nella direzione opposta a quella prospettata. Le conseguenze sono talmente disastrose che il concetto iniziale di "come volevasi dimostrare" ha, paradossalmente, lo stesso significato (ma opposto) rispetto all'obiettivo raggiunto durante la dimostrazione di un teorema. E' per queste ovvie (qui nel vero significato del termine) ragioni che, in Italia, qualsiasi tentativo mirato alla risoluzione di una questione, ha la capacità di contribuire ad ampliare le dimensioni del problema anziché risolverlo. Non occorre fornire elaborate dimostrazioni scientifiche sulla validità delle politiche adottate, sarebbe sufficiente partorire qualcosa che non solo sia di buon senso, ma ... abbia senso. L'ormai famoso "bonus fiscale", ad esempio, non ha prodotto gli effetti desiderati: non ha incentivato i consumi e, conseguentemente, non ha contribuito al rilancio dell'economia ed, in ultima analisi, alla riduzione della disoccupazione, con particolare riferimento a quella giovanile. Gli ultimi dati provvisori, resi pubblici dall'ISTAT, parlano chiaro: a febbraio la disoccupazione giovanile (ma anche quella complessiva) è tornata a salire, raggiungendo un picco del 42,7%. Forse, il problema era un altro oppure, geometricamente parlando, le ipotesi di base per risolverlo erano sbagliate e non utili per dimostrare la tesi. L'importante però è continuare a stordire il popolo con discorsi logorroici, usando parole ad effetto capaci di far dimenticare il passato e spostare l'ago dell'attenzione su un ipotetico futuro, dimenticando che viviamo nel presente. Perché se oggi ci siamo, un domani non vorremo dire ... ci risiamo! E se oggi nulla è cambiato rispetto al passato è perché nulla cambierà in futuro rispetto ad oggi. E' un dato di fatto: come volevasi dimostrare!


AuthorEmanuele COSTA
Published byIl Nuovo Picchio n° o3/Marzo 2015 con il titolo «Disoccupazione giovanile? Ci risiamo ...»

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